Una delle vie per creare posti lavoro è certamente quella di favorire l'avvio di nuove imprese, soprattutto giovanili, possibilmente con caratteristiche tali da poter affrontare le sfide del mercato globale (scelta oculata del mercato, attenzione al livello di innovazione, team qualificato e competente, ecc.).
Proprio per questo, molte risorse pubbliche, anche di provenienza europea, vengono allocate in questa fase finale della programmazione 2007/2013 per la promozione di nuove attività imprenditoriali.
Trovo però due grandi "buchi neri" in questi pur lodevoli tentativi.
- Il mancato raccordo con il sistema bancario, che spesso finisce col complicare e/o vanificare questi interventi. Infatti, i beneficiari di finanziamenti pubblici per la creazione d'impresa devono comunque presentare delle fideiussioni per ricevere l'anticipo del contributo da parte dell'ente erogatore (spesso la regione) e avviare il relativo piano di investimenti. Invece le banche, considerando "carta straccia" (passatemi il termine) i piani di impresa e le positive valutazioni degli enti preposti, richiedono garanzie assurde (depositi di pari importo, immobili, firme di nonni, genitori e zii...). Occorre poi tener presente che le agevolazioni pubbliche cofinanziano le nuove idee imprenditoriali e necessitano pertanto di un apporto di mezzi propri da parte del soggetto proponente. E anche qui le banche non ci sentono, chiudendo ogni possibilità di accesso al credito da parte di giovani, disoccupati, ...Sarebbe perciò importante che venissero messe in atto azioni per superare tali problematiche. Convenzioni e protocolli d'intesa, validazione dei piani di impresa da parte delle banche prima della presentazione delle domande di finanziamento e fondi di garanzia mi sembrano strumenti utili allo scopo. Certo, qualcosa già esiste, ma non è assolutamente inserito in un quadro di interventi strategico e coerente.
- L'altra criticità è relativa alla carenza di meccanismi di valutazione sulla reale efficacia dell'intervento pubblico. Quante imprese sono ancora in vita dopo due anni dal finanziamento? Quali difficoltà incontrano? Quali i settori e le attività che hanno funzionato meglio? E perché?...Da un'analisi di questo tipo si ricaverebbero informazioni utili da trasferire nei futuri corsi di azione, ottimizzando costi e benefici nell'impiego di risorse pubbliche sempre più scarse e perciò preziose.
Qualcuno ci sente?
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