Cronache recenti (Il Centro, La Repubblica, Sole 24 Ore) ci dicono che in Italia, nonostante la crisi, è boom per gli Alberghi Diffusi (AD). Si tratta di strutture ricettive nate per recuperare il patrimonio architettonico e curare in modo sostenibile i borghi storici. Secondo Giancarlo Dallara,
presidente dell’associazione Alberghi diffusi d’Italia, "questi alberghi sono la risposta a una voglia di sobrietà, di autenticità: piacciono per questo, perché non sono spazi costruiti appositamente per turisti, ma vere case o palazzi con una storia, un passato...Non ci si sente intrusi, ma abitanti del borgo, magari più viziati e accuditi. Con la possibilità di partecipare alle attività, alle feste del paese, alle raccolte stagionali o a corsi di cucina che attirano gli stranieri. Dai tedeschi ai cinesi ultimi arrivati, ormai sono quasi la metà dei nostri clienti".
Nella mia attività di consulenza mi sono occupato di alcuni progetti di ricettività diffusa (in Sicilia e in Abruzzo). Le lezioni che ho appreso e che vorrei condividere sono le seguenti:
- valutate con attenzione il quadro normativo regionale. Molte regioni infatti non hanno ancora disciplinato questa formula di ospitalità il che determina ostacoli burocratici e limita anche la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici;
- prestate attenzione in fase di progettazione non solo all'investimento (che certo richiede notevoli risorse) ma anche agli aspetti gestionali (quali servizi, per quali clienti, a quale prezzo,...). Ciò consentirà di ridurre il rischio di scelte errate o troppo azzardate;
- coinvolgete la comunità locale: i proprietari delle abitazioni, gli operatori del commercio, i promotori ed organizzatori di eventi,.... L'AD ha bisogno di luoghi vitali.
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