sabato 27 giugno 2015

Un bando europeo per promuovere il modello cooperativo

Un recente bando, emanato dalla DG Growth della Commissione europea, si pone l'obiettivo di aumentare la consapevolezza circa i benefici di un modello cooperativo in Europa, promuovendo progetti in grado di favorire l'implementazione degli schemi relativi alla disseminazione e alla condivisione delle conoscenze e delle competenze chiave per il trasferimento delle imprese ai dipendenti e ai lavoratori sotto forma di cooperative.

Si tratta della conferma dell'attenzione della Commissione rispetto ad alcuni fenomeni rilevanti che stanno accadendo in Europa. Ad esempio, la forte attualità del tema dell'autogestione, modello attraverso il quale sono i lavoratori stessi a rilevare le aziende in crisi, subentrando nella gestione attraverso l'adozione della forma cooperativa

Il mio articolo offre una serie di informazioni e riflessioni sui temi dell'imprenditoria sociale nel contesto europeo, spero utili a un migliore e più consapevole partecipazione al bando in esame.

L'UE e l'imprenditoria sociale 
 Le imprese sociali perseguono interessi (sociali, ambientali,...) della comunità piuttosto che la massimizzazione del profitto. Spesso hanno un carattere innovativo, in termini di prodotti o servizi offerti e/o metodi di organizzazione o di produzione utilizzati. In molti casi impiegano i membri più fragili della società (persone socialmente escluse). Hanno pertanto un ruolo fondamentale nel contribuire alla coesione sociale, all'occupazione e alla riduzione delle disuguaglianze.
 
 
 
La Commissione intende contribuire alla creazione di un ambiente favorevole per lo sviluppo del business sociale in Europa, e dell'economia sociale nel suo complesso.

Quindi, secondo l'approccio europeo, l’impresa/imprenditoria sociale:
  • ha come principale obiettivo non quello di generare utili per i suoi proprietari o azionisti, ma di avere un impatto sociale;
  • destina i propri utili principalmente alla realizzazione di obiettivi sociali;
  • è gestita da imprenditori sociali in modo responsabile, trasparente e innovativo, coinvolgendo in particolare i dipendenti, i clienti e gli attori interessati alle sue attività economiche.
Nel 2011, sotto la presidenza Barroso della Commissione europea, è stata lanciata l’iniziativa per l’imprenditoria sociale (Social Business Initiative) con l'obiettivo di generare cambiamenti concreti e migliorare, a livello pratico, la situazione delle imprese sociali agevolandone l’accesso ai finanziamenti, dando loro maggiore visibilità, ottimizzando il quadro giuridico. Questo nella convinzione che "le imprese sociali possono rappresentare un fattore di cambiamento molto forte. Per produrre risultati migliori per il bene comune. Per dimostrare che è possibile fare le cose in modo più responsabile e più equo, pur continuando ad avere successo nel mercato. E per diventare un vero motore della crescita  nell’UE. L’Europa non deve semplicemente partecipare a questi cambiamenti.  L’Europa deve avervi un ruolo di primo piano".

Ma in termini di risultati, cosa è già stato realizzato?

Dal punto di vista dell'accesso ai fondi, per il periodo di programmazione 2014-2020 è stato creato il Programma per l’Occupazione e l’innovazione sociale (EASI) e la promozione del social business è stata inserita tra le aree prioritarie anche nei fondi strutturali dell’Unione Europea (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale - FESR e Fondo Sociale Europeo - FSE). Inoltre,  il nuovo Fondo Europeo per l’Impresa Sociale, una sorta di marchio europeo per gli investimenti, dovrebbe facilitare l’accesso ai finanziamenti per le imprese sociali e aiutare gli investitori nell'identificazione delle imprese sociali su cui investire.

Social Innovation Europe, è invece la piattaforma online su cui chiunque può raccontare la propria storia di innovazione legata al sociale pensata per dare visibilità e permettere lo scambio tra le varie esperienze di innovazione sociale in Europa. Una Guida all’innovazione sociale è a disposizione come strumento volto a rendere  il concetto di innovazione sociale più conosciuto.

Per ottimizzare il quadro giuridico, il pacchetto di riforme in materia di appalti pubblici, adottato all’inizio del 2014, incoraggia e aiuta le autorità pubbliche a tener conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti nelle loro decisioni di acquisto, nonché dei criteri sociali legati al processo di produzione. Un altro aspetto importante è la disponibilità di forme giuridiche che tengano conto delle esigenze specifiche delle imprese sociali. Di qui la decisione della Commissione di adottare una proposta per una fondazione europea che faciliti le attività transfrontaliere delle fondazioni di pubblica utilità. Questa proposta si affianca a quella già esistente in materia di società cooperativa europea (vedi oltre).

L'imprenditoria sociale in Italia
Un recente rapporto IRIS Network fotografa la situazione in Italia e permette di affermare che:
  • il fenomeno ha ormai raggiunto dimensioni rilevanti in termini di impatto economico e occupazionale, servizi erogati, utenti raggiunti. Gli occupati complessivi sono vicini al milione di unità, considerando la pluralità di forme giuridiche che caratterizzano l'universo di riferimento (cooperative, associazioni, fondazioni, ...);
  • siamo in presenza di imprese con un elevato grado di dinamicità sia negli anni che hanno preceduto la crisi che in seguito. Si smentisce quindi una visione dell’impresa sociale come priva di capacità imprenditoriale e totalmente dipendente dalla Pubblica Amministrazione. Anzi, alla crisi queste imprese hanno reagito cercando non solo di mantenere, ma addirittura potenziando l’attività, accrescendo il valore della produzione e incrementando l’occupazione;
  •  le nuove forme di imprenditorialità sociale, comprese quelle che utilizzano la forma della società di capitali, nascono non da venture capitalist alla ricerca di occasioni di investimento, ma in larga parte da gruppi di persone accomunate da un obiettivo socialmente rilevante;
  • si è in presenza di un'imprenditorialità che si caratterizza per un modello di economia solidale, collaborativa e basata fortemente sull'innovazione.



Il Workers by out 
Self management, autogestione o workers buy-out (WBO) sono i termini normalmente utilizzati per indicare l'acquisizione della maggioranza o della totalità del capitale sociale di un'impresa, generalmente in crisi, da parte dei propri dipendenti (dirigenti, impiegati, operai).
In Italia i casi di WBO sono particolarmente diffusi in quelle regioni (Emilia Romagna, Toscana) dove  la presenza e l'azione delle associazioni di categoria del mondo cooperativo (Confcooperative, Legacoop, Agci, Unci) risultano particolarmente significative e incisive anche nel supportare questo tipo di operazioni. Un'inchiesta del quotidiano "La Repubblica" del 2014 ne ha censite circa 38 a livello italiano. Oltre alle regioni sopra ricordate, il fenomeno sembra interessare la Lombardia in particolare e alcune aree del meridione.

A ben riflettere, il WBO non è un concetto nuovo in assoluto se si pensa che è indirettamente contemplato dalla Costituzione italiana, la quale all'art. 46 afferma "il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende", in quanto finalizzato all'"elevazione economica e sociale del lavoro".

I vantaggi del WBO sono riassumibili nei seguenti punti:
  • mantenimento dei livelli occupazionali dell'impresa interessata (nonché, indirettamente, dell'indotto ad essa collegato), oltre che, più in generale, dalla conservazione del patrimonio aziendale e del know-how produttivo. Risulta interessante notare come, secondo alcuni dati, il tasso di cessazione dell'attività (inteso come liquidazione volontaria o, più spesso, di insolvenza) di imprese "salvate" mediante il WBO sarebbe piuttosto contenuto (22%), in ogni caso più basso di quello delle tanto decantate start-up (35%); 
  • contributo utile alla risoluzione del problema della successione aziendale, generalmente molto acuto nelle piccole e medie imprese italiane. Al decesso o al ritiro del proprietario dell'impresa, infatti, talvolta, per mancanza di eredi, validi manager o nuovi acquirenti in grado di proseguire o subentrare nella gestione aziendale, l'impresa corre il rischio di sparire; in tali situazioni, il WBO può rivelarsi un'ottima opzione per evitare la cessazione delle attività e permettere la continuità aziendale.
Nel contesto italiano, per le operazioni di WBO, si fa generalmente ricorso alle società cooperative e tra gli strumenti specifici introdotti dal legislatore a supporto di tale tipo di operazioni, occorre citare:
  • la Legge Marcora, dal nome dell'onorevole proponente, la quale per prima ha previsto disposizioni normative a sostegno di operazioni di WBO;
  • l'anticipazione delle somme relative ai vari ammortizzatori sociali. Ad esempio, la possibilità di richiedere all'INPS l'anticipo dell'indennità di mobilità che, solitamente,  insieme al trattamento di fine rapporto consente ai dipendenti di mettere insieme la somma iniziale necessaria per l'acquisto delle quote aziendali.
Certamente anche in Italia il Workers Buy-Out (WBO) può diventare un fenomeno importante, in grado, al di là della difficile congiuntura economica, di rinnovare il nostro tessuto produttivo e di sperimentare nuove forme di intervento di welfare anche per il salvataggio di aziende in crisi o in difficolta manageriale. È però necessario attivare un percorso di ricerca, informazione e sensibilizzazione in grado di favorire una maggiore conoscenza e applicazione di tale strumento.

Proprio in questi giorni, tra l'altro, il Ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato il rifinanziamento, con 9,9 milioni di euro, della cd. Nuova Marcora, attraverso la quale sarà possibile finanziare nuove società cooperative che verranno costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi.

Esperienze di autogestione
Nel 2014 si è svolto a Marsiglia, presso la fabbrica occupata Fralib, il primo meeting europeo sul tema dell'autogestione, che ha messo insieme non solo i lavoratori delle fabbriche occupate, ma anche accademici, attivisti, sindacati e organizzazioni che promuovono e studiano la questione del "self management". Ho raccolto qui sotto alcune delle associazioni operative nello scenario europeo. 



a) Associazione Autogestion, Francia. L'Associazione si propone di promuovere l'istruzione popolare e la riflessione sul tema della autogestione. Ha lo scopo di condividere le esperienze in modo critico, senza trasformarle in modelli normativi, e sostenere ogni iniziativa che si inserisca in un progetto di emancipazione. Essa riunisce sindacalisti, associazioni femministe, ambientaliste, politiche di diversa estrazione.

b) ICEA, Istituto di Scienze economiche e dell'autogestione, Spagna. Associazione culturale di livello statale spagnola, dove si sviluppano le attività di insegnamento e di ricerca in economia, scienze sociali e autogestione delle imprese.

c) Associazione ASPAS, Asociación de Solidaridad de la Región de Provenza con América del Sur. Creata a Marsiglia nel febbraio 1998, riunisce i membri di tutta la regione. Risponde al desiderio di dare un quadro più stabile per le riunioni e le discussioni su molti argomenti riguardanti i paesi di questo continente.

d) Vio.me, Grecia, Salonicco. Associazione di iniziativa solidale che sostiene l’autogestione come forma di sopravvivenza delle imprese in crisi sia in Grecia che all’estero.)
 

In Italia, un caso recente e interessante riguarda la Ri-Maflow, una cooperativa di operai e operaie di Trezzano sul Naviglio, a Milano, fino al 2012 sede della Maflow. Alla sua chiusura, gli operai non si sono arresi, hanno deciso di occupare lo stabilimento, iniziando una nuova storia, fatta di autogestione e democrazia.  
 


Ispirandosi alle esperienze delle Fabbriche Recuperate Argentine e del Movimento dei Sem Terra brasiliani, al grido di “Occupare, resistere e produrre”, in un anno e mezzo quelli di Rim-flow sono stati capaci di tornare a far funzionare i capannoni prima dismessi, hanno  realizzato la Città dell’Altra Economia e un mercato alternativo, ospitano corsi culturali e di spettacolo ma anche uno spazio di distribuzione, “Fuori mercato”, in collaborazione con SoS Rosarno, l’esperienza calabrese in grado di strappare i migranti allo sfruttamento della produzione di arance. Socialità e speranza per il futuro, al posto della parola fine, grazie alla tenacia di operai e giovani precari.

on la pubblicazione dello Statuto della Cooperativa Europea (SCE), le istituzioni comunitarie intendono offire uno strumento legale adeguato per le attività transnazionali e transfrontaliere di tali soggetti economici.
Lo strumento si aggiunge al Regolamento in merito all´istituzione di un Gruppo Europeo di Interesse Economico - GEIE e all'istituzione della Societa Europea.


Statuto per le Cooperative Europee (SCE):
L’obiettivo dello Statuto delle SCE è di fornire alle cooperative strumenti legali adeguati per facilitare le loro attività transfrontaliere e transnazionali. La SCE permette ai suoi membri (persone fisiche o giuridiche) di portare avanti determinate attività in comune mantenendo nel frattempo la propria indipendenza.

La SCE deve avere come obiettivo primario il soddisfacimento dei bisogni dei suoi membri e/o lo sviluppo delle loro attività economiche o sociali, ma non la remunerazione di un investimento di capitale.

Una SCE potrà essere creata:
  • Ex novo da cinque o più persone fisiche, da due o più persone giuridiche o da una combinazione di cinque o più persone fisiche o persone giuridiche appartenenti ad almeno due stati membri differenti.
  • Tramite fusione di due o più cooperative già esistenti appartenenti ad almeno due stati membri differenti.
  • Tramite conversione di una cooperativa già esistente che abbia creato, da almeno due anni, stabilimenti o affiliate in un altro stato membro.
La SCE dovrà essere registrata nello stato membro dove è stabilita la sede principale ed avere un capitale minimo di 30.000 euro. Per quanto riguarda le imposte, la SCE è sottoposta alle stesse regole delle multinazionali, seguendo la legislazione fiscale nazionale della sede principale.
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Lo Statuto della Cooperativa Europea (SCE)
Ho già detto dell'impegno dell'Europa nel voler migliorare il quadro normativo legato al social business. In tal senso, credo sia importante segnalare che, già dal 2003, con l'elaborazione dello Statuto della Cooperativa Europea (SCE), le istituzioni comunitarie abbiano dimostrato attenzione per il modello cooperativo pensando di offrire uno strumento legale adeguato per le attività transnazionali e transfrontaliere di tali soggetti economici.

L’obiettivo dello Statuto delle SCE è infatti quello di fornire alle cooperative strumenti legali adeguati per facilitare le loro attività transfrontaliere e transnazionali. La SCE permette ai suoi membri (persone fisiche o giuridiche) di portare avanti determinate attività in comune mantenendo nel frattempo la propria indipendenza.

La SCE deve avere come obiettivo primario il soddisfacimento dei bisogni dei suoi membri e/o lo sviluppo delle loro attività economiche o sociali, ma non la remunerazione di un investimento di capitale.

Una SCE può essere creata:
  • ex novo da cinque o più persone fisiche, da due o più persone giuridiche o da una combinazione di cinque o più persone fisiche o persone giuridiche appartenenti ad almeno due stati membri differenti;
  • tramite fusione di due o più cooperative già esistenti appartenenti ad almeno due stati membri differenti;
  • tramite conversione di una cooperativa già esistente che abbia creato, da almeno due anni, stabilimenti o affiliate in un altro stato membro.
La SCE deve essere registrata nello stato membro dove è stabilita la sede principale ed avere un capitale minimo di 30.000 euro. Per quanto riguarda le imposte, la SCE è sottoposta alle stesse regole delle multinazionali, seguendo la legislazione fiscale nazionale della sede principale.

Il bando UE "Trasferimenti di imprese ai dipendenti per la creazione di una cooperativa al fine di assicurare la sostenibilità delle PMI"
E veniamo al bando da cui siamo partiti. Ovviamente, si tratta di una sovvenzione nel quadro del programma di lavoro annuale della DG Growth per progetti specifici. La data di scadenza è il 10 settembre 2015.

L'obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza circa i benefici di un modello cooperativo in Europa. Per quanto concerne il trasferimento delle imprese ai propri lavoratori e dipendenti sotto forma di cooperative, le precedenti iniziative a livello europeo hanno accresciuto la consapevolezza e la conoscenza di questa pratica tra gli Stati Membri, senza però produrre ulteriori risultati.
 

L’importanza e il riconoscimento dato alle cooperative quali strumento utile per il trasferimento delle imprese, varia grandemente tra i diversi Paesi dell’UE, nonostante queste imprese siano presenti praticamente in tutti i settori economici. Per tale ragione, la Commissione ritiene opportuno promuovere e implementare gli schemi relativi alla disseminazione e alla condivisione delle conoscenze e delle competenze chiave per il trasferimento delle imprese ai dipendenti e ai lavoratori sotto forma di cooperative.

I progetti da sostenere nell'ambito di questo invito comprendono, tra le altre, le seguenti linee di azione:
  • identificazione e valutazione delle pratiche legislative, regolamentari e amministrative esistenti e regimi di sostegno che sono legati a cooperative e / o applicati nel processo di trasferimento alle imprese di dipendenti / lavoratori;  
  • sviluppo di una metodologia comune che potrebbe essere utilizzata in tutta Europa per la produzione di informazioni comparabili sui trasferimenti delle imprese ai dipendenti / lavoratori organizzati in cooperativa;    
  • sviluppo di metodi transeuropei, moduli di formazione, pratiche e strumenti per consulenti in materia di trasferimenti di imprese sulle questioni relative ai trasferimenti a dipendenti / lavoratori e al modello cooperativo in modo che i consulenti siano dotati delle competenze e delle conoscenze necessarie per fornire un sostegno completo e specifico nell’arco dell'intero processo di trasferimento;   
  • organizzazione di corsi di formazione transfrontaliera, workshop o seminari per testare nuovi metodi, moduli di formazione, pratiche e strumenti, compresi i modi per valutare l'efficienza e la capacità di adattamento;    
  • garantire un corretto trasferimento di conoscenze e competenze in materia di trasferimenti di imprese a dipendenti / lavoratori e del modello di cooperazione dalle amministrazioni dei paesi dell'Unione europea - con una lunga tradizione di cooperazione - a quelli in cui il modello cooperativo non è sufficientemente conosciuto e riconosciuto.   
Per la partecipazione è richiesto un partenariato composto da almeno tre organizzazioni, pubbliche o private, di tre diversi stati membri. A titolo di esempio, tra le entità eleggibili rientrano ministeri, autorità regionali e locali, associazioni di categoria del mondo cooperativo, camere di commercio, università e centri di formazione, ...

Occorre infine sottolineare come si tratti di un bando molto competitivo che finanzierà solo tre progetti, con un contributo del 70% e fino a un massimo di 250.000 euro per azione.



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