Sono innumerevoli le
opportunità digitali in attesa di essere sbloccate a vantaggio dei cittadini e
delle imprese europei. Dagli acquisti allo studio online, al pagamento delle
bollette o all'utilizzo di servizi pubblici: internet è la risposta, ma alle
giuste condizioni e avendo la capacità di utilizzare al meglio i fondi UE assegnati. Il nuovo indice
dell'economia e della società digitali (DESI), messo a punto dalla
Commissione europea e presentato ieri in occasione del forum Digital4EU di
Bruxelles, disegna un quadro di forte ritardo per l'Italia e dimostra che, all'interno dell'UE, la digitalizzazione dei
paesi non è uniforme e che i confini nazionali continuano a rappresentare un
ostacolo a un vero e proprio mercato unico digitale.
Secondo l'indice DESI (su
dati 2013/2014), le imprese italiane sono ancora in gran parte “non digitali” (solo
il 5,1 % delle PMI vendono online, e il fatturato del commercio elettronico
delle imprese italiane è pari soltanto al 4,8 % del fatturato totale), mentre
invece potrebbero trarre un grande vantaggio da un maggior utilizzo del
commercio elettronico. Siamo poi in ritardo anche per le connessioni Internet
veloci (disponibili solo per il 21 % delle famiglie nel dicembre 2013, la
peggiore copertura in tutta l’UE; solo
il 51 % delle famiglie è abbonato alla banda larga fissa, anche in questo caso
la percentuale più bassa dell’UE; e
appena il 2,2% degli abbonamenti a servizi di banda larga ha una velocità
superiore a 30 Mbps). Dal lato della
domanda sono i bassi livelli di competenze digitali (l’Italia ha una delle
percentuali più basse di utenti regolari di Internet nell’UE (59 %), e il 31 %
della popolazione italiana non ha mai usato Internet) e di fiducia (solo il 42
% degli utenti di Internet fa uso dei servizi bancari online e il 35 % fa
acquisti online) a frenare lo sviluppo dell’economia digitale. Nell'eGovernment l’Italia è più vicina alla
media UE, ma i servizi pubblici digitali rimangono scarsi, in parte a causa della Pubblica Amministrazione che non sviluppa sufficientemente i servizi online
e in parte a causa delle scarse competenze digitali.
In questo quadro, i
finanziamenti europei potrebbero dare una mano a risolvere le nostre criticità.
In base all'Accordo di Partenariato 2014/2020 sono stati destinati circa 2,1
miliardi di euro all'obiettivo tematico "Migliorare l'accesso alle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la
qualità delle medesime" (OT2). Per non parlare poi dei fondi a gestione
diretta: Horizon 2020, COSME, Erasmus+ sono solo alcuni dei programmi UE
utilizzabili per le priorità dell'Agenda Digitale europea. Ma ci vogliono
progetti seri e intelligenti: capaci cioè di garantire coordinamento tra gli
attori, allineamento alle esperienze più avanzate nell'UE (in Estonia il 100%
delle ricette mediche va via web alle farmacie!), impatti reali. E allora, progettisti d'Italia, fatevi sotto!
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